La nostra Africa.

Si torna a parlare del gasdotto transahariano. Dalla Nigeria alla Sardegna, schivando gli attentati del Mend, si firma oggi la nuova rotta “alternativa” e “sicura” del gas per l’Europa.
La soluzione alla snervante telenovela russo-ucraina del gas sta per arrivare: c’è una rotta alternativa, che non ha nulla a che vedere nè con la Russia nè con le indisciplinate repubbliche ex sovietiche.

E’ il gasdotto transahariano.

Non lo conoscete? Peccato, sta per diventare il nuovo tormentone dell’energia.

E’, anzi sarà visto che in gran parte è ancora sulla carta, un tubone da 56 pollici lungo 4.128 km (oltre metà dei quali attraversano il territorio algerino) che partirà dalla Nigeria e si farà mezza Africa per poi collegarsi (quando verrà costruito, perdonate ma il mondo dell’energia è troppo avanti per noi comuni mortali) al gasdotto Galsi.

Chi l’avrebbe mai detto che per farsi la caldaia a metano i sardi avrebbero dovuto scomodare i nigeriani…

In ogni caso, il progetto si firma oggi: il ministro algerino delle miniere e dell’energia Chakib Khelil ha preso l’aereo per la Nigeria.

Il gasdotto transahariano (TSGP, per chi vuole in nome in codice) è per certi versi rivoluzionario: innanzitutto va da sud a nord e non da est a ovest, come tutti i gasdotti esistenti o futuri da cui attinge l’Europa (Gasdotto della Fratellanza, Yamal-Europe, Tag, Igi-Poseidon, Nabucco, North&South Stream…).

Non è una cosa da poco, la geografia di un gasdotto. Al contrario la rotta sud-nord, geopoliticamente, dovrebbe rivoluzionare le carte in tavola.

Non è vero, non ci credo, non mi piace.

Spiego perchè: l’idea del gasdotto, sponsorizzato addirittura dalla Ue, è quella di fornire una rotta ulteriore e alternativa alle varie rotte russocentriche (tutte quelle tra le precedenti parentesi). Una rotta che sia, per questo, più sicura e più economica.

In effetti sull’economia ci potremmo stare, visto che il tragitto è molto più breve di altri gasdotti.

Sulla sicurezza e sulla “alternatività” del progetto, invece, i dubbi sono enormi.

Sicurezza: definire sicura una fornitura nigeriana, con quello che sta combinando il Mend negli ultimi tempi, è a dir poco eufemistico.

Gestione: il punto nevralgico del gasdotto è l’Algeria. Il gas nigeriano (e perchè no, in futuro, centroafricano in senso lato) verrà probabilmente mischiato a quello algerino creando un nuovo paniere, operazione molto simile a quella che sta cercando di fare Gazprom in Asia centrale per abbattere i costi.

Il problema è che il gas in Algeria lo gestisce la statale Sonatrach (che fa parte anche del consorzio Galsi) che è già in affari ben avviati con la russa Gazprom.

La buona notizia: se avete azioni Saipem siete a posto. Manco a dirlo, infatti, Eni (titolare di Saipem) ha già affermato di essere molto interessata al TSGP e di ben sperare in una partecipazione nella costruzione del tubo. Niente di strano, Saipem è fra i leader mondiali nella posa dei tubi.

In tutto questo intreccio di finti concorrenti non bisogna dimenticare una cosa: il gasdotto africano dovrà trasportare non meno di 20 miliardi di metri cubi di gas. Sono molti e se dovranno passare tutti dal Galsi si dovrà pensare alla posa di un ulteriore tubo nel mar di Sardegna.

Ma non è l’ipotesi principe: nell’affare africano dovrebbe entrare, infatti, pure la Spagna (che deve riempire il gasdotto MedGaz, in buona parte costruito da Saipem), verso la quale potrebbero essere dirottati fino a 8 miliardi di metri cubi.

Insomma, i tubi vanno sempre dritti e paralleli, ma spesso si intrecciano.

Mi chiedo, però, come si faccia a considerare sicura la rotta africana vista l’escalation di attacchi terroristici alle infrastrutture energetiche delle multinazionali che si registra ormai da mesi proprio in Nigeria.

Mi chiedo, ancor di più, dopo l’esperienza del fantasma Nabucco come faccia l’Europa a credere che si tratti di una alternativa reale e affidabile.

Evidentemente stiamo alla canna del gas e quindi, spendere qualche miliardo di euro per un gasdotto che non si sa neanche quanto dura è una cosa buona e giusta.

Alla faccia della crisi.


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